Fondi europei, come se la cava l'Italia
Secondo l’ISTAT, la maggior parte dei finanziamenti inviati dall’Europa non viene utilizzata, specialmente al Sud. Il risultato? Poche infrastrutture e problemi sociali
Alex Lung | 7 settembre 2023

Nell’ultimo anno, tramite le inchieste di A Brave New Europe, Zai.net si è impegnata ad analizzare il funzionamento dei fondi della politica di coesione, volti a diminuire il divario economico tra le varie regioni e paesi che compongono l’UE. L’Italia è proprio uno dei principali fruitori, in particolare per le difficoltà sociali, finanziarie e infrastrutturali del Sud. Tuttavia, secondo il rapporto dell’ISTAT La politica di coesione e il Mezzogiorno. Vent’anni di mancata convergenza, l’utilizzo di tali fondi nel nostro paese è particolarmente problematico. 

I fondi non utilizzati

I dati raccolti dall’ISTAT dimostrano che nel 2023 l’Italia ha speso appena il 41% dei finanziamenti inviati da Bruxelles, percentuale che scende al 23,2% per quanto riguarda i fondi di sviluppo e coesione. I numeri sono ancora più drammatici se ci si concentra su quanto speso per il Sud: 2,7% per la crescita economica e il 12,3% per le infrastrutture sociali. Un vero e proprio incentivo all’abbandono di interi territori: l’assenza di prospettive lavorative, di strutture, servizi e di un generale benessere economico spingono in molti a lasciare il Mezzogiorno. Secondo la normativa europea, i fondi inutilizzati devono tornare al mittente; si tratta pertanto di vere e proprie occasioni sprecate. Da cosa dipende? Principalmente dalle difficoltà burocratiche per la concreta realizzazione dei progetti: i funzionari sono pochi, con molte mansioni, e spesso privi di competenze tali da seguire l’iter per i grandi lavori. 

Sud: missione fallita

Il processo di convergenza – ovvero l’avvicinamento progressivo delle regioni più svantaggiate alla media europea – è chiaramente fallito nel Sud Italia. Non solo la crescita economica è molto più lenta che altrove nell’Unione, ma rispetto a vent’anni fa, ben quattro regioni sono entrate nella classifica delle cinquanta zone meno sviluppate d’Europa: Puglia, Campania, Sicilia e Calabria. Il Mezzogiorno ha inoltre un tasso di occupazione inferiore di 20 punti percentuali alla media dell’UE. Sebbene la situazione sia migliore al Nord e al Centro, l’Italia è uno degli Stati europei con più difficoltà nello sviluppo economico

Quello che funziona

Nell’ultimo anno Zai.net ha però raccontato quei progetti che, grazie ai fondi europei, hanno creato opportunità, rivitalizzando certi territori, promuovendo sviluppo e, al tempo stesso, contrastando arretratezza e abbandono. Abbiamo conosciuto la realtà dell’Istituto Superiore Morelli-Colao di Vibo Valentia, che grazie ai fondi sociali dell’UE ha potuto lavorare sulla propria infrastruttura, adottare una didattica più moderna e avviare progetti di socialità per combattere l’abbandono scolastico. Investimenti simili hanno reso gli istituti comprensivi di San Costantino Calabro (VV) e di Lipari (ME) dei luoghi di aggregazione in zone dove, altrimenti, per i giovani ci sarebbe ben poco. I finanziamenti europei contribuiscono poi alla transizione ecologica: Bologna e Teramo stanno diventando sempre più ciclabili, mentre a Taranto i fondi di Bruxelles andranno a investire su un nuovo impianto eolico. Da un punto di vista sociale, invece, la politica di coesione va a sostenere piani di welfare aziendale, soprattutto in favore dell’occupazione femminile, come nel caso di WeCare, attivato dalla Regione Piemonte. Altro esempio virtuoso sono il Teatro Povero e la Cooperativa di Comunità di Monticchiello (SI), che gestiscono spazi poli-funzionali per la comunità, l’ufficio turistico, due ristoranti, una biblioteca, l’assistenza sanitaria di base e i servizi per i richiedenti asilo. In questo modo, il piccolo paese non solo viene animato, ma vengono anche creati posti di lavoro per i giovani e attività socioculturali che coinvolgono i numerosi anziani. 

Queste storie positive possono e devono far capire che l’Italia può migliorare, lottando contro le diseguaglianze sociali e le disparità territoriali. E in questo, la presenza dell’Europa è fondamentale.