DDL Zan, da disegno di legge a spettro chimerico
la probabilità che venga approvato dal Senato a scrutinio segreto dopo il polverone alzato da Renzi non può lasciarci precisamente sereni. Quanto alla possibilità di una sua eventuale emendazione entro i termini finora discussi, Dio ce ne liberi – non ne lascerebbe che il guscio vuoto
Giada Lettonja | 29 giugno 2021

Che il DDL Zan sia arrivato alla votazione in Senato facendo fronte alla concreta possibilità di non ottenere la maggioranza dopo essere stato ampiamente discusso, emendato e approvato in Camera, superando i tentativi di ostruzionismo del centrodestra, forse non stupisce nemmeno - lo si dice, seppure con un’immensa amarezza. Non stupisce, certo: però la rabbia si sente tutta, specie se si è in grado di prestare attenzione al grido che all’unisono si è alzato nel giugno appena trascorso da tutte le piazze d’Italia, specie se quel grido lo si è urlato anche con la propria voce.

Ciò che vi si è chiesto con urgenza era e rimane l’approvazione di un disegno di legge che, nonostante la sua insufficienza, rappresenterebbe l’unica alternativa offerta da un governo sostanzialmente incapace di rappresentare e proteggere la comunità LGBTQ+ italiana ad un totale vuoto legislativo. Invece che a questo grido Iv ha preferito rispondere alle rimostranze presentate dal Vaticano in merito all’accusa di violazione del Concordato. Lo ha fatto non come ai tentativi d’ingerenza di uno Stato straniero, bensì come ad un ordine categorico, posizionandosi sulla stessa linea politica di Lega e Fratelli d’Italia. La cancellazione del concetto d’identità di genere dal testo, l’inserimento della dicitura “nel pieno rispetto dell’autonomia scolastica” in relazione alla celebrazione della giornata nazionale contro l’omolesbobitransfobia, due delle modifiche proposte da Iv, pena l’annunciata perdita della maggioranza (presumibilmente a causa dello stesso partito che professa di difenderla), non sono e non possono essere visti come delle semplici proposte di “mediazione” necessarie alla trattativa politica.

Ciò che di politico hanno in sé è solo il chiaro tentativo di riposizionamento partitico in vista dell’elezione del prossimo capo di Stato, giocato sulle spalle di persone e vite vere la cui cancellazione dal testo coincide con un’ulteriore riconferma della condanna all’invisibilità e alla negazione di ogni tutela che da sempre pende su di loro. Una cancellazione che, come rende noto la presidente del MIT (Movimento Identità Trans) Porpora Marcasciano, si sarebbe voluta decidere senza nemmeno avere ascoltato una volta in commissione parlamentare le numerose associazioni che si battono per la visibilità delle persone transgender, incurante del primato europeo detenuto dall’Italia per il numero di vittime di transfobia. Certo, almeno la Santa Sede si sarà rallegrata: le modifiche imposte da Iv come unica garanzia di sopravvivenza della legge coinciderebbero precisamente con le sue richieste, la riduzione dell’unica parte del testo che promette un approccio educativo anziché punitivo (quella sulla giornata nazionale contro l’omolesbobitransfobia) avrebbe salvaguardato la popolazione scolastica italiana dal rischio di formarsi nel pieno rispetto delle diversità e dell’identità altrui, da quello ancor più grave di riconoscerne l’esistenza non come una questione ideologica ma come un dato di fatto che è criminale volere eliminare. Eppure, ciò che oggi sembra dividere le forze politiche in campo è proprio l’inserimento nel testo di qualsiasi riferimento all’identità di genere, quasi essa non sia una realtà già riconosciuta all’interno del nostro ordinamento dalla Corte costituzionale italiana e dalla Convenzione di Istanbul ma mero cavillo “ideologico”. Quasi che la “battaglia ideologica” di cui si è accusato il centrosinistra sia demerito di quanti si battono per la tutela di una comunità costantemente sottoposta a soprusi e violenze e non agenda delle forze politiche che pur di allinearsi alle direttive della Chiesa, sempre pronta a impugnare il Concordato firmato in epoca fascista per impedire qualsiasi mutamento di una società civile retta sul binarismo di genere e la sacra istituzione del matrimonio, rinnega l’esistenza e il diritto alla tutela di oltre quattrocentomila persone trans.

Ad oggi del Ddl Zan sembra restarne solo lo spettro chimerico: la probabilità che venga approvato dal Senato a scrutinio segreto dopo il polverone alzato da Renzi non può lasciarci precisamente sereni. Quanto alla possibilità di una sua eventuale emendazione entro i termini finora discussi, Dio ce ne liberi – non ne lascerebbe che il guscio vuoto.