Le lezioni sono finite e per tanti ragazzi e ragazze questi di giugno sono giorni di meritato riposo dopo nove mesi di scuola. Ma per oltre mezzo milione di studenti e studentesse d’Italia tra pochissimi giorni comincia uno dei processi più impegnativi e pregni di significato dell’adolescenza e, forse, di tutta la vita: l’esame di maturità.
Ma perché è così importante? Fin dal nome si capisce che si tratta di molto più di un semplice esame: dal punto di vista scolastico è la summa di cinque anni e per questo è la prova che dimostra il risultato di un intero percorso. O, almeno, vorrebbe farlo: in alcuni casi, infatti, l’esito dell’esame è frutto di una preparazione superficiale supportata da un bel po’ di fortuna, mentre in altri l’emozione può rovinare la performance dei più preparati, soprattutto all’orale.
Il consiglio è sempre quello di prenderla con filosofia (non solo nei licei!): il significato che diamo alla maturità, sia a livello famigliare, privato, sia come società, non riguarda solamente il rendimento scolastico. L’esame di maturità infatti è un vero e proprio rito di passaggio: uno di quei momenti, di solito segnati da vestiti formali, lacrime e spumante, in cui avviene un cambiamento di stato. Il matrimonio trasforma l’individuo da celibe o nubile a sposato, il funerale da vivo a morto, la maturità da studente (e ragazzo) a diplomato (e adulto).
Il primo a individuare l’importanza e l’universalità dei riti di passaggio è stato l’etnologo francese Arnold Van Gennep che nel 1909 ne ha analizzato le fasi in Les rites de passage. Per Van Gennep ogni rito di passaggio prevede uno stadio iniziale di separazione dalla comunità, uno liminale (da limes, confine) e uno finale di reintegrazione. Applicando la sua prospettiva all’esame di maturità, si può considerare allo stadio iniziale lo studente che stia rinunciando agli amici per immergersi nei libri e a quello finale colui che sia finalmente uscito sorridente (si spera!) dall’edificio scolastico con la bottiglia di spumante in mano. Ma la fase che interessava di più all’antropologo è quella a metà, quella liminale, al limite tra le due. Comincia con la prima prova e finisce con l’orale e in quel periodo, semplicemente, non si è: non si è più studenti delle superiori, non si è ancora diplomati.
Nei Paesi dell’Africa subsahariana dove si pratica la circoncisione rituale per segnalare il passaggio dall’infanzia all’età adulta, i ragazzi si ritirano per un periodo più o meno lungo nella foresta, dove avviene la trasformazione: lì non subiscono solo la modificazione corporea, ma affrontano diverse prove e apprendono gli insegnamenti degli anziani. Quando infine fanno ritorno nel villaggio, sono persone nuove. E come tali devono rispettare dei tabù, come ad esempio il divieto di dormire con la propria madre, ma hanno nuove opportunità sociali, come sposarsi. E soprattutto hanno acquisito tutte le informazioni necessarie a vivere consapevolmente nel mondo.
Se state affrontando questo momento, pensate a tutti i significati che concentra su di sé e al motivo per cui è davvero importante fare un bilancio di quanto avete imparato in questi anni: qualcuno magari andrà all’università, qualcuno invece si rivolgerà al mondo del lavoro. Ma nessuno avrà più modo di apprendere così tante nozioni in ambiti così diversi. Questo è il bagaglio culturale che vi serve per fondare la vita adulta. È difficile, faticoso e fa paura; ma è per questo che dopo c’è lo spumante.