In Italia abbiamo un problema: il calo demografico. In parole povere, ci sono sempre meno persone, poiché c'è una scarsa natalità a fronte di un allungamento dell'aspettativa di vita. Traduzione: sempre meno giovani, sempre più anziani. Vent'anni fa in Italia vivevano 2,4 milioni di persone con più di ottant'anni, mentre oggi sono 4,1 milioni. L'altro dato importante che incide moltissimo sulla nostra generazione è il numero di giovani che se ne vanno dall'Italia, che è una doppia perdita: da un lato si vanno a perdere persone che sono diplomate e laureate e che, quindi, potrebbero essere un aiuto importante nel mondo del lavoro specialistico italiano; dall'altra la perdita economica, dato che questi giovani sono costati alle tasche dello Stato per crescerli circa 120 miliardi di euro totali.
Questo squilibrio ha già fatto sorgere diverse domande a noi giovani: dal problema delle pensioni alla perdita di protagonismo generazionale. Siamo sempre di meno e quindi anche la nostra voce conta sempre meno. Dal 2008 le generazioni giovanili sono quelle più colpite dalla poverta. Anche per questo diventa fondamentale restituire importanza ai minori, per evitare che lo squilibrio demografico ormai insanabile tra giovani e anziani si traduca anche in una spaccatura di diritti, possibilità e rappresentanza.
Parliamo di due generazioni già lontanissime: un 14enne nato con il telefono in mano ha poco a che fare con un over 80 che ha vissuto nel periodo della guerra. Il mondo gira a favore del progresso scientifico, il miglioramento continuo e le nuove tecnologie che vanno ad aiutare noi giovani, ma allo stesso tempo ci distacca moltissimo dal dialogo culturale con i più anziani. Inoltre si è invertita l'importanza dello studio e del lavoro: i nostri nonni lavoravano per far studiare i propri figli, mentre oggi i nostri genitori ci fanno studiare per entrare nel mondo del lavoro. In tutto ciò c'è però un fattore che già influenza la demografia italiana e che potrebbero essere salvifico o estramamente dannoso (a seconda della visione politica) per il futuro del nostro Paese: l'immigrazione. Grazie ai migranti, che solitamente compongono la fascia media, l'Italia può infatti mitigare lo squilibrio generazionale di cui abbiamo parlato, diminuendo il gap generazionale tra gli anziani e i giovani. Ma questo dato, secondo alcuni, rischia di comportare una perdita importante di identità nazionale.
Infine, c'è un altro elemento da tenere in considerazione: gli anziani di oggi non sono più quelli di ieri: hanno una salute migliore e un'aspettativa di vita maggiore e sono sempre più importanti nel tessuto sociale della nostra società. Non dobbiamo insomma considerarli solo come un peso ma anche come una preziosa risorsa. I nonni sono spesso un esempio di come ci si possa nuovamente mettere in gioco per i meno giovani e possono dare un contributo fondamentale alla crescita delle nuove generazioni, dal punto di vista pratico, economico e generazionale.
