L'Italia è un paese per anziani. Lo dicono i numeri: lo squilibrio demografico è quel fenomeno per cui in un Paese si registrano sempre più anziani e meno nascite, portando perdita di centralità da parte dei giovani all'interno del dibattito pubblico. Comparando la società odierna con quella di 20 anni fa, è evidente una sostanziale differenza: nel 2005 gli anziani con più di ottant'anni erano 2,4 milioni, oggi invece ne contiamo 4,1 milioni, e per il 2045 si prevede un ulteriore aumento del 10%.
Questa situazione deriva da due fenomeni. Il primo è l'allungamento della prospettiva di vita, che nel 2024 è stimata, per una persona giunta ai 65 anni, di ulteriori 21,2 anni. Il secondo invece è il declino del numero di nascite. Questi due dati portano le generazioni a instaurare un rapporto squilibrato tra loro.
Nel 2005, circa 10 milioni di italiani erano minori, di cui 8,2 erano infraquattordicenni, mentre gli anziani sopra i 65 anni ricoprivano un quinto della popolazione, ovvero 11,3 milioni di persone. Nel 2025 invece gli anziani con età superiore ai 65 anni ricoprono il 24,73% della popolazione ita-liana, i minori di 14 anni sono l'11,91%, i ragazzi tra i 15 e i 17 anni rappresentano il 2,96% della popolazione, mentre i ragazzi di età tra i 18 e i 24 anni il 7,07%. Si stima che nel 2045 le cose cambieranno ancora: assisteremo a un aumento degli anziani di età superiore ai 65 anni fino ad arrivare a una percentuale di 33,98%, mentre i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni diminuiranno tanto da arrivare a una percentuale di 5,23%. Insomma, tra 20 anni, potrebbero vivere in Italia appena 6 milioni di under-quattordici contro 19 milioni di persone con almeno 65 anni di età, con un rapporto di 3 a 1.
Tale rapporto in alcune zone è già stato superato da anni. Ad esempio in Liguria, già nel 2022 si stava per toccare la soglia stimata per il 2045. In quell'anno infatti erano quasi 270 gli over -65 per 100 bambini residenti. Ma anche in Sardegna, Molise (240), Friuli-Venezia Giulia (231,8) e Umbria (222,8) la situazione non è molto migliore. Parlando di capoluoghi, la situazione è più ondivaga. Si va da Andria, che si distingue per il valore più basso con 134,9 anziani ogni 100 bambini sotto i 14 anni, passando per Crotone, Barletta, Napoli, Reggio Emilia, Palermo, Catania, Trani, Latina e Prato, che ancora contano un buon numero di giovani. Tra i capoluoghi con indice di vecchiaia maggiore, spiccano Carbonia (350,0), Cagliari (312,5) e Oristano (300,7), tutte e tre sarde. A seguire, Ascoli Piceno (285,2), Biella (285,2), Ferrara (278,3), Savona (265,9), Genova (264,7), Verbania (264,0) e Trieste (262,5).
Questo squilibrio porta non solo a una forte incomunicabilità generazionale, ma anche a un peggioramento delle condizioni dei più giovani, che sono le classi meno rappresentate. Se nel 2005, la fascia fragile era considerata quella degli anziani, già a partire dal 2008 la situazione si è invertita. Nel 2023 il 14% dei bambini e ragazzi si trovava in stato di povertà assoluta e ora il rischio concreto è quello di perdere di vista l'importanza dei minori.
