Perché i giovani non votano più?
Dalla fascia di popolazione più entusiasta di votare a quella con meno fiducia: la triste storia di come la politica ha dimenticato i giovani
Alex Lung | 14 settembre 2022

Il prossimo 25 settembre andranno alle urne per la prima volta quasi 5 milioni di cittadini: si tratta dell'esordio elettorale della Generazione Z, coloro nati soprattutto dal 2000 in poi. La grande differenza di visioni, valori e priorità potrebbe far pensare (e sperare) in un cambiamento a livello politico. Ciò sarà impossibile per due ragioni, una fuori dal nostro controllo, l'altra dovuta alla solita lontananza tra politici e cittadini. Innanzitutto, la fascia degli over 50 è ancora demograficamente dominante in un paese "vecchio" come l'Italia. Secondo e più importante, la percentuale di giovani che va a votare è in diminuzione da ormai trent'anni.

Un lento declino

Secondo i dati riportati da Milena Gabanelli in una recente puntata di Dataroom, nel 1992 la fascia dei 18-34enni era la più presente alle urne: solo il 9% di loro non votava alle elezioni parlamentari. In quella tornata elettorale l'astensionismo collettivo fu del 13%, pertanto i giovani andavano a votare più della media delle restanti categorie d'età. Nelle ultime elezioni politiche del 2018, solo il 62% dei 18-34enni è andato alle urne, con un 38% di astensionismo. In poche parole, la fascia che esprimeva il proprio parere politico con più entusiasmo nel 1992 è la più reticente a votare nel 2018. 

Le ragioni

Sicuramente i giovani del 2018 sono diversi da quelli del 1992. Innanzitutto, a livello storico, crescono in due atmosfere che potremmo definire "agli antipodi". Le nuove generazioni degli anni Novanta erano inebriate dal profumo di un mondo libero, non più polarizzato, appena uscito da decenni di Guerra Fredda. Sebbene fosse incominciata la fine della politica dei grandi ideali - cristiani, comunisti, socialisti e via dicendo - si viveva con una sensazione di grande cambiamento. E chi, più dei giovani, può accettarlo e parteciparvi con così tanto entusiasmo? Invece, la Generazione Z ha di fronte a sé, almeno apparentemente, un futuro di riscaldamento globale, crisi sociali e disuguaglianze. A differenza dei loro coetanei di trent'anni fa, assistono con orrore ad un nuovo conflitto in Europa e alla rinascita di un mondo chiaramente polarizzato. 

Uno studio di Davide Angelucci e Luca Carrieri ha indagato le ragioni politiche che portano le nuove generazioni a disertare le urne. La prima causa è data dall'assenza di candidati in cui un giovane si possa rispecchiare. Per fare un esempio, in Lombardia, sono appena 17 i candidati under 35 presentati dai principali partiti (centodestra, centrosinistra, terzo polo) su 201 posti disponibili. Dopo il 25 settembre ci ritroveremo ancora con un Parlamento relativamente anziano, che difficilmente porterà avanti le istanze sentite dalle giovani generazioni. E qui arriviamo alla seconda ragione: i programmi elettorali non condividono le priorità e gli obiettivi della Gen Z. I giovani di oggi hanno a cuore i diritti civili, l'ambientalismo, la lotta alle forme di discriminazione (sessismo, razzismo, omofobia, body shaming...), ma anche temi "maggiori" come l'eutanasia. Cause che sono poco toccate dai principali partiti, soprattutto quelli che più probabilmente avranno la maggioranza in Parlamento. 

Correre ai ripari

L'esclusione di una fetta degli elettori solo perché minoranza è uno dei più grandi errori storici che una classe politica possa compiere. La soluzione non può che essere quella di fare marcia indietro, e accogliere il prima possibile le istanze dei giovani, prima che sia troppo tardi. Ammesso che questa scadenza non sia già stata raggiunta: un sondaggio realizzato da CNC Media in collaborazione sol Sole 24 Ore su un campione di 20 mila under 35 dimostra che il 90% di loro non si fida dei politici. Dagli stessi risultati emerge che lavoro, ambiente, salario minimo e ius scholae potrebbero essere i temi in grado di spingerli a recarsi alle urne. Certo è che difficilmente i partiti cambieranno la loro agenda nei dieci giorni precedenti alle elezioni; tuttavia, la legislatura sarà lunga, e si spera che per una volta si darà ascolto anche a coloro che "erediteranno" il Paese nei prossimi decenni.