E tu credi nella scienza?
I dati dell’Istituto Piepoli raccontano il nostro rapporto con l’informazione scientifica
Luca Bianchi | 4 novembre 2023

Fake news

Quante volte nelle nostre vite abbiamo sentito questo termine? Non c’è giorno in cui sui social e mass media non ci si imbatta in bufale o notizie false che, per definizione, sono divulgate “allo scopo di produrre misinformazione o disinformazione”. Colpiscono ogni ambito o aspetto della comunicazione e dell’attualità: dalla cronaca alla politica, dallo sport agli esteri, fino ad arrivare alla medicina e alla scienza, tema cardine del dibattito pubblico e social da circa 3 anni, dallo scoppio della pandemia. Tutti abbiamo detto la nostra sulla diffusione del Covid, tutti ci siamo espressi sul tema vaccini, ognuno di noi ha scelto il virologo del momento come punto di riferimento per comprendere la situazione. Da “tutti c.t.”, chiaro riferimento all’Italia calcistica, a “tutti virologi”, da buoni italiani. Ciò, però, ha portato solo a poca chiarezza d’informazione, fondamentale durante le epidemie così come nella vita di tutti i giorni. La disinformazione ha vita facile sui social, dove chiunque può diffondere falsità sul tema scientifico-sanitarie, tramite articoli o anche semplici tweet e post. Al giorno d’oggi, inoltre, non va dimenticata l’intelligenza artificiale; si tratta di una realtà ancora sperimentale, che sta prendendo però sempre più piede in diversi ambiti, tra cui quello dell’informazione. Per questo, sorgono spontanei diversi quesiti: di chi si fidano gli italiani e le italiane? Qual è la principale fonte d’informazione di giovani e non? L’intelligenza artificiale è già affidabile per informarsi sul tema salute e non solo?

Dati

Grazie alla ricerca dell’Istituto Piepoli, dal 1965 specializzati in metodologia della ricerca, abbiamo avuto accesso a dati utili per rispondere ad alcune delle domande succitate, per comprendere quindi come vedono il mondo dell’informazione gli italiani. La prima domanda posta agli intervistati riguarda la loro fiducia nell’informazione sulla salute: ne emerge un quadro equilibrato. Il 44% del campione si dice molto fiducioso, il 34% poco, mentre l’11% afferma di non fidarsi per nulla, dato non di poco conto. Si evidenzia, però, una crescente fiducia tra donne (54% hanno risposto con molto / abbastanza) e giovani (nella fascia dai 18 ai 34 anni, il 59% si è detto fiducioso). Equilibrata anche la questione fonti d’informazione: internet rappresenta la soluzione più gettonata con il 30% delle preferenze, seguita dalla TV con il 24% ed i giornali, in calo negli ultimi anni ma comunque scelti dal 17% degli intervistati. Poco credito per i social network (7%) e radio (4%), mentre il 15% non ha saputo dare risposta. In seguito, nocciolo della questione, è stato chiesto quale sia stato l’effetto della pandemia sull’informazione. C’è stato un effettivo miglioramento? Il 40% ritiene che il miglioramento sia stato molto esiguo, mentre il 34% sostiene che il miglioramento sia stato abbastanza importante. Il 17%, invece, dichiara che non c'è stata nessuna crescita. Solo il 4% ha evidenziato un netto progresso.

Intelligenza artificiale

È anch’essa da qualche mese argomento di dibattito. Trattasi di uno strumento nuovo e, potenzialmente, impattante in base agli utilizzi che se ne possono fare: dalla programmazione alla creazione di articoli o contenuti social, dalla matematica all’informazione, tema focale della nostra indagine. Gli italiani, difatti, sono divisi sull’affidabilità delle notizie riportate da quest’ultima: il 39% ritiene sia molto o abbastanza affidabile (36+3), in particolare secondo i giovani, mentre il 49% sostiene sia poco o per nulla attendibile (35+14). Per questo, la maggioranza del campione, in particolare per le persone dai 35 ai 54 anni (69%), sostiene sia molto importante indicare se un documento sia stato prodotto dall’Ai: il 63% lo reputa molto / abbastanza importante. Solo il 27% non lo considera indispensabile. Infine, il 59% del campione dichiara che una formazione alla corretta fruizione di AI come Chat GPT sia importante, in particolare le donne (61%), mentre il 32% si dice non interessato.