Perché l’alfabetizzazione ai social media?
Non solo svago e passatempo: Instagram &co. sono una fondamentale fonte di informazione. Basta saperli utilizzare nel modo giusto
Roberta Persichino | 15 ottobre 2021

La rapidità di diffusione dei media digitali e il progresso tecnologico hanno inevitabilmente cambiato il modo di fare e di acquisire informazioni. Ma non solo: in questo intenso clima di proliferazione dei media, di convergenza tecnologica e culturale, si è inserita la pandemia, calcando crisi già esistenti e facendone riaffiorare altre ormai superate. Questi due aspetti, da un lato la rapida digitalizzazione, dall’altro la pandemia, hanno aperto nuovi punti di domanda sull’utilizzo dei media digitali soprattutto da parte dei più giovani, che hanno iniziato a riflettere sul cyberbullismo, sul catfishing e sul faking.

Da una ricerca di Registro.it, l’anagrafe dei domini italiana gestito dall’Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, emerge che già dalle scuole primarie le studentesse e gli studenti italiani si ritengono ben consapevoli del fatto che su internet si possano trovare notizie false o non verificate e che possono conoscere in rete persone con false identità. Questo dato si conferma anche per gli studenti delle scuole superiori, dove 4 studenti su 10 dichiarano di accettare richieste di amicizia solo da chi ha già contatti in comune con il loro profilo. Dato rilevante anche quello rispetto all’approccio con l’informazione in rete: in una scala da 0 a 3 le ragazze e i ragazzi delle superiori si sono assegnati un punteggio di 2,03 alla domanda su quanto spesso, nell’ultimo mese, fosse capitato loro di cercare notizie e informazioni attraverso internet. Un valore che conferma a gran voce la necessità di intensificare, nelle scuole e non, l’alfabetizzazione ai media.

La capacità di accedere ai media, di comprenderne e valutarne criticamente i diversi aspetti e contenuti, è un requisito fondamentale nella società moderna. La media literacy è un'espressione entrata in uso con lo sviluppo tecnologico dei mezzi di comunicazione di massa, ma comunque fondamentale fin dalla loro nascita. La digitalizzazione dei media ha però accentuato questa necessità in un ecosistema in cui il flusso cospicuo di contenuti, creati e diffuso dagli utenti, e la rapidità di condivisione, hanno reso più complessa la capacità di informarsi in maniera adeguata. In questo scenario si inserisce la generazione dei cosiddetti “nativi digitali”: coloro che sono abituati fin da giovani o giovanissimi a utilizzare le tecnologie digitali, essendo nati nell'era della rete e di internet (fino ai 25 anni circa). Questa definizione genera però errate interpretazioni, lasciando per scontato che il presupposto di essere nati nell’era della digitalizzazione comporti il saper usare responsabilmente la tecnologia. Ritorna centrale, quindi, la necessità di un’educazione ai media nelle scuole. Non solo i media tradizionali ma anche i social, come il progetto che stanno svolgendo i ragazzi del liceo Laura Bassi di Bologna: Le professioni della musica dal vivo post-Covid raccontate dai ragazzi. Un’idea nata dalla necessità di far conoscere ai ragazzi un mondo bellissimo come quello dell’industria della musica, in ripresa dopo oltre un anno di stop forzato per via dell’emergenza sanitaria. Un laboratorio dedicato al racconto delle professioni della musica dal vivo dopo il periodo di inattività, che vedrà la produzione di un video documentario, quattro podcast e la loro promozione su tre principali piattaforme social: Twitter, Instagram e Tik Tok.

In particolare sulla promozione social le studentesse e gli studenti del Laura Bassi stanno raccontando in maniera intelligente ed efficace il loro progetto. Con un storytelling adeguato, ironico e creativo ci rendono partecipi del loro punto di vista sulle tematiche affrontate e sulla parte tecnica del lavoro. Grazie all’immediatezza della condivisione possiamo apprezzare il loro lavoro durante la realizzazione e non esclusivamente alla fine del percorso. Mentre imparano a “fare comunicazione” con i social si stanno rendendo conto anche delle logiche che li muovono, con l’obiettivo di renderli curiosi e consapevoli quando navigano nel mare magnum dell’informazione in rete.