La nuova maturità: pro e contro
Studenti e insegnanti riflettono sulla nuova prova d’esame
19 settembre 2019

Immaginate di trovarvi sul portellone aperto di un aereo in fiamme: la situazione è disperata, tutti vi fissano ansiosi che vi decidiate a gettarvi fuori. Prendete coraggio, è la prima volta dopo tutto, afferrate il vostro paracadute preparandovi al salto. Solo in quel momento vi accorgete che le uniche istruzioni per l’uso del paracadute sono in cirillico.

Questa è la sensazione che hanno provato milioni di studenti italiani quando il 19 e il 20 giugno di quest’anno hanno affrontato rispettivamente la prima e la seconda prova della maturità, completamente rivoluzionata dall’introduzione della famigerata riforma scolastica risalente al 13 aprile del 2017.

In effetti, nonostante il lungo tempo richiesto dalla sua attuazione, a conti fatti professori e alunni hanno iniziato ad avere qualche informazione certa sulle nuove modalità d’esame verso le prime settimane di aprile. Il colloquio è invece rimasto un’incognita fino al suo stesso svolgimento, tanto che ogni istituto, nella stessa Milano e hinterland circostante, ha seguito un modus operandi diverso. 

La responsabilità di ciò è da imputare in primis all’assenza di coordinamento tra istituzioni e scuola: nemmeno tutte quelle storie Instagram, vero strumento politico del nuovo millennio, sono servite al Ministro Bussetti per chiarire la situazione, già abbastanza nebulosa fin dall’introduzione della cosiddetta “Buona Scuola”. Ma a volte la vita, come si diceva più sopra, richiede un salto nel vuoto. Sorvolando quindi sulle continue contraddizioni e incomprensioni verificatesi in questa fase, è bene sottolineare però che questa nuova maturità non è stata priva di spunti interessanti, anzi. 

La novità più rilevante risiede sicuramente nella struttura dell’esame orale: al netto di tutte le polemiche riguardanti l’inquietante somiglianza tra l’ultima prova di maturità e una qualsiasi puntata de L’Eredità di Carlo Conti, i percorsi tematici ideati dai prof. hanno risparmiano agli alunni un’invasione di tesine tutte uguali e nel peggiore dei casi scopiazzate da Internet, con il risultato di sminuire il senso stesso di tale modalità. Se gli stessi percorsi fossero organizzati di concerto con gli alunni, potrebbero diventare un’interessante occasione di confronto, coinvolgendo maggiormente la classe e incentivando il pensiero critico. 

Particolarmente felice la scelta di dedicare una parte del colloquio alla Costituzione e ai principi della cittadinanza. Tuttavia, sarebbe certamente più utile se si pianificasse un percorso su questi argomenti a partire dal terzo anno, se non addirittura dal primo. In anni di riforme non è mai stato fatto nulla al riguardo, come se un qualsiasi cittadino dovesse interessarsi allo Stato in cui vive solo dopo aver raggiunto la maggior età, ed esclusivamente in vista di un esame orale, per dimenticarsi nei secondi successivi tutte le informazioni accumulate bulimicamente negli ultimi tre mesi di scuola. Alla luce di tutti i motivi sopra esposti, potremmo concludere che, se questa maturità fosse un alunno, potremmo descriverlo con il più classico dei “ha le capacità, ma non si applica”. (Gaia Di Paola, 19 anni, Milano)

 

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Se dovessi elencare un momento positivo riguardante la maturità probabilmente sarebbe riferito solo ed esclusivamente alla fatidica notte prima degli esami.

La tradizionale ansia iniziata dal periodo di settembre è stata aggravata dalla forte disorganizzazione e mancata consapevolezza da parte del ministero sulla nuova tipologia di esame, accompagnata dalla totale assenza di coordinate direttive per i professori sul contenuto delle famose buste.

Ritenendo buone la maggior parte delle tracce della prima e della seconda prova, sono stata fortemente delusa dai risultati finali vedendo come i professori siano rimasti ancorati alle medie scolastiche degli anni precedenti. Su 22 studenti della mia classe ho pescato l’unica busta su un argomento non studiato (preparata da un esterno) e sono stata costretta a creare castelli di sabbia apparendo inevitabilmente meno preparata di quanto fossi effettivamente. 

La presentazione dell’alternanza, parte “centrale” dell’esame, è stata tanto ridicola quanto la discussione su cittadinanza e costituzione basata su conoscenze personali e non su quelle acquisite durante le poche ore dedicate alla materia durante il corso dell’anno.

È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere e capire come gestire una pressione di tale portata  ma che allo stesso modo mi ha dato modo di constatare come talvolta la fortuna giochi un ruolo fondamentale nella vita di ognuno di noi. (Valeria Frezza, 19 anni, Roma)

 

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Come sono arrivati i ragazzi all’esame?

Spero preparati e tranquilli. Abbiamo lavorato alle nuove tracce di prima prova. Li ho abituati a lavorare sull’articolo di giornale e al saggio breve per quattro anni, oggi all’improvviso si sono trovati ad affrontare modalità diverse. Il ministero ci ha aiutato, per la prima volta, procurandoci delle simulazioni in itinere a febbraio e marzo, cimentandosi in qualcosa di simile alla prova effettiva.

 

Cos’è cambiato, di fatto, rispetto all’esame del passato?

Soprattutto le modalità dell’orale. Mi sto confrontando con i miei colleghi, a proposito delle buste contenenti materiale non noto allo studente, trovando grandi perplessità. Definiremo noi il materiale da sottoporre agli studenti sperando sia in linea con le indicazioni del ministero.

 

Vi sono state fornite preparazioni sull’orale?

Personalmente ho partecipato ad almeno tre-quattro corsi di aggiornamento, ma anche i nostri formatori erano vaghi. Non abbiamo avuto indicazioni nette. Ogni presidente può interpretare o meno le indicazioni ricevute. Non possiamo mettere gli studenti in difficoltà. Però gli spunti ci sono, da una fotografia a un articolo di giornale utile a sviluppare un discorso che vada ad affrontare tutte le discipline.

 

Sia greco che latino alla maturità. Quali sono state le reazioni?

Ci vorrà un po’ di rodaggio, ma credo sia una novità positiva. I ragazzi sono in difficoltà, certo, ma è questione di abitudine e soprattutto analisi del testo. Se i ragazzi sanno muoversi nel determinato contesto storico e culturale non dovrebbero trovare troppi ostacoli. (Annalaura Testa, prof.ssa di italiano del liceo Dante di Roma)