X37-B: uno spazioplano senza pilota
Lo space shuttle made in USA torna sulla Terra
Mattia Bonanno, Andrea Miglio | 6 settembre 2017

Domenica 7 maggio 2017, sono le ore 13:57 di una giornata assai limpida e soleggiata, un potente boato proveniente dal cielo fa tremare le pareti delle case della Florida: no, non è esplosa una bomba, quello che si è sentito è un boom sonico prodotto da un piccolo spazioplano di proprietà della USAF e in parte della NASA che è rientrato nell’atmosfera dopo 718 giorni nello spazio, atterrando con il solo ausilio del GPS sulla stessa pista su cui gli Space Shuttle hanno fatto ritorno dallo spazio dal 1984 al 2011. Stiamo parlando del velivolo militare senza pilota X-37B, un test project ancora in fase di sviluppo che comprende l’impiego di due esemplari con alle spalle più di 2085 giorni passati nello spazio, questa è stata solo l’ultima missione delle tante lanciate negli anni passati.

Il programma è nato con lo scopo di mettere in pratica tutto quello che si era imparato dagli Space Shuttle in scala decisamente più ridotta, il primo velivolo della serie è stato chiamato X-40, questo prototipo era adatto per testare la forma della struttura sotto un aspetto aerodinamico, veniva lanciato e dopo poco tempo riatterrava. Dopo il successo dell’X-40 si è passati alla versione X-37 (o X-37A) ideata dalla NASA per testare tecnologie per la guida avanzata degli spazioplani, per testare nuovi materiali da utilizzare per la costruzione e per il rivestimento termico di future navicelle, ma soprattutto per la navigazione automatica. 

Tutto questo doveva portare alla realizzazione di un velivolo in grado di condurre missioni in orbita prolungate anche fino a nove mesi durante le quali riusciva a comportarsi come un normale satellite. L’ultima versione è la X-37B molto simile alla X-37A solo che oltre ad essere di proprietà della NASA e della Boeing lo è anche della US Air Force, che durante le missioni OTV (Orbital Test Veicular) conduce esperimenti segreti, possiamo solo immaginare si tratti di operazioni di spionaggio o comunque esperimenti di carattere militare. A bordo dell’ultima missione lanciata, la OTV-4, vi erano due esperimenti non classificati: il primo aveva lo scopo di testare un nuovo propulsore a effetto Hall, ossia un tipo di propulsore elettrico dove gli ioni (propellente dei motori elettrici) vengono accelerati dal campo elettrico esterno, questi motori verranno introdotti nei prossimi anni nei satelliti AEHF (Advanced Extremely High Frequency) ovvero satelliti per le telecomunicazioni militari progettati per operare in un ambiente bellico nucleare, assicurando collegamenti affidabili nel peggiore degli scenari ipotizzabili. Il secondo esperimento, chiamato METIS (Materials Exposure and Technology Innovation in Space), consisteva nell’esposizione di cento diversi materiali posti in diverse condizioni e posizioni per duecento giorni consecutivi, questo per capire come si comportavano e se combinandoli si sarebbero potuti creare nuovi materiali migliori per trovare applicazione sia nel settore spaziale che in tutti gli altri settori comprese le nostre vite.