Giornalisti o complici?
Altre riflessioni sulla tragedia di Macerata
Roberto Bertoni | 6 febbraio 2018

Intendiamoci: Innocent Osenghale, il nigeriano accusato in un primo momento di aver assassinato e fatto a pezzi la povera Pamela Mastropietro, non è un santo. È uno spacciatore e, se è vero che ha lavato con la candeggina, tagliato il corpo e chiuso il medesimo in due valigie, merita comunque di essere punito per vari reati piuttosto gravi. Tuttavia, c'è una bella differenza fra un assassino e uno spacciatore: basta leggersi il Codice penale per rendersene conto. 

E poi ci siamo noi giornalisti, sempre più con la bava alla bocca, sempre più interessati unicamente all'audience e allo scoop, sempre più feroci e determinati nel descrivere gli aspetti peggiori della nostra società, sempre più saccenti e sempre più animati da una mancanza di deontologia professionale che desta spavento. 

Noi siamo quelli che hanno avallato notizie di stupri a carico di ragazzi rom, con la conseguenza che un branco di italianissimi delinquenti si è armato di benzina e cerini e un intero campo nomadi è andato a fuoco (è successo più di una volta).

Noi siamo quelli che hanno sbattuto il mostro in prima pagina, accusando di essere pedofili persone assolutamente innocenti, magari padri di famiglia, che sono usciti distrutti da quella vicenda senza che nessuno, poi, chiedesse loro scusa.

Noi siamo quelli che hanno descritto e continuano a descrivere le nostre scuole come se si trattasse di una succursale del Bronx, fra bullismo, insegnanti sfregiati, eccessi d'ogni sorta e stuoli di asini promossi senza alcun merito. Per carità, ci sarà anche tutto questo, specie in determinate zone, ma con quale faccia ci permettiamo di sostenere che questi casi siamo maggoritari?

Noi siamo quelli che danno le notizie, il più delle volte male, solo se negative. 

Noi siamo quelli che imbottiscono le prime pagine, e talvolta anche il resto dei giornali, di balle sesquipedali, salvo poi scagliarci contro i diffusori di fake news sui social network, con la piccola differenza che fra giornalisti molto famosi e iper-tutelati e anonimi cialtroni c'è una bella differenza, per quanto riguarda l'impatto sull'opinione pubblica e le conseguenze politiche che esso comporta. 

Noi siamo quelli che spesso dichiarano colpevole una persona sulla base di un mero pregiudizio, poi un Traini si arma e diamo la colpa a Salvini, salvo tacere sul fatto che Traini si è armato per via di ciò che abbiamo detto noi e che Salvini lo abbiamo fatto diventare noi un protagonista di primo piano della politica italiana da anonimo europarlamentare lombardo che era. Sia chiaro: lungi da me giustificare un farabutto come Traini e i suoi simili che lo sostengono, anche sui social, ma prima di puntare il dito contro qualcuno abbiamo il dovere di guardarci allo specchio e fare i conti con le nostre responsabilità. 

Insomma, cari colleghi, noi stiamo disonorando da anni la nostra magnifica professione e siamo complici involontari di episodi gravissimi nonché corresponsabili, con l'attuale classe politica, del degrado delle istituzioni e del dibattito pubblico. E allora scusate, ma non abbiamo più la credibilità necessaria per ergerci a giudici di chicchessia. Di fronte a colpe di questa portata, non ci restano che il silenzio e la vergogna.