Passione cosplay
La XXII edizione di Romics ha attirato una marea di visitatori. Una delle vincitrici del Romics Cosplay Award racconta come nasce questa passione e come si diventa dei bravi cosplayers
Giovanni Pisu | 2 novembre 2017

Più di duecentomila visitatori, mostre, presentazioni, autori e spazi dedicati al cinema e ai games insieme ad una grande attenzione per il panorama musicale. La XXII edizione di Romics è stata un grande successo di pubblico e si è riconfermata come una delle fiere del fumetto più importanti d’Italia, che ospita il concorso Romics Cosplay Award, i cui vincitori rappresenteranno l’Italia al World Cosplay Summit di Nagoya ad agosto 2018, alla Yamato Cosplay Cup International in Brasile a luglio 2018 e agli Eurocosplay di Londra 2018. Nonostante qualche pecca organizzativa – come il sequestro all’entrata di materiale ritenuto pericoloso che ha causato l’indignazione di visitatori e cosplayers - a Romics tutto è filato liscio e la fiera è stata l’ennesima occasione per i cosplayers e gli appassionati del mondo del fumetto per incontrarsi e anche per scambiarsi pareri e consigli su come realizzare il costume più verosimile. Per capire cosa è il cosplay e come nasce la passione per i costumi dei fumetti e degli anime, abbiamo intervistato Martina Mottola, cosplayer napoletana, che insieme a Simone Satta ha vinto il contest di coppia che gli permetterà di partecipare all’evento mondiale di Nagoya, in Giappone, indossando i costumi The old Hunter and Lady Maria of The Astral tratto da Bloodborne.

 

Come nasce la passione per il cosplay e come si diventa dei bravi cosplayer?

La mia passione è nata sui banchi di scuola, grazie ad una cara amica del liceo, Sabrina, che mi ha fatto scoprire il magico mondo degli anime. Ho portato il mio primo cosplay nel 2008 e, all’epoca non conoscevo lo shopping online, addirittura mi tinsi i capelli con la bomboletta rosa. Interpretai Louise di Zero no tsukaima, vestito arrangiato alla bene e meglio e mantello di raso! Creai da sola la bacchetta magica e la spilla con tanto amore ed ero tanto felice. Quell’anno andai al primo Napoli Comicon a Sant’Elmo e mi divertii un sacco.  A un altro evento cosplay, sempre grazie a Sabrina, conobbi Simone nel 2009, nacque l’amore e da circa tre anni grazie ai consigli di molti amici e conoscenti più bravi mi sono cimentata nelle gare e ho iniziato a realizzare i costumi da sola. Simone mi “costrinse” persino ad aprire una pagina Fb. Si diventa bravi col tempo e ascoltando i consigli di chi è più esperto. Io sono una brava osservatrice e imparo in fretta ma ognuno, coi suoi tempi, può ottenere dei risultati.

 

Un cosplayer si immedesima in un solo personaggio o negli anni si diverte ad interpretarne altri? E nel caso, qual è il personaggio che hai interpretato al quale sei più affezionato?

Ho interpretato diversi personaggi, col tempo ho capito che mi trovo molto a mio agio con personaggi tenebrosi o comunque cattivi e fighi. Il personaggio col quale ho vinto al Romics mi è molto caro perché non solo mi ha permesso di ottenere tale risultato ma perché lo sento mio, inoltre mi ha fatto conoscere tanti appassionati di videogioco che ancora oggi sento nonostante abitino in altre regioni di Italia.

 

Qual è la caratteristica che rende un cosplay perfetto e credibile nel rappresentare il personaggio al quale si ispira?

Il concetto di perfezione non esiste, io penso che possa giocare a favore del cosplayer essere somiglianti al personaggio interpretato. Io tengo molto alle proporzioni del costume e delle armi. Odio, ad esempio, vedere spadoni realizzati nella misura sbagliata. Inoltre è importante usare i materiali e le stoffe giuste per essere più realistico possibile. E poi i dettagli, quelli fanno la differenza, un ricamo, un gioiello, la scelta tra una stoffa lucida o opaca, fanno la differenza! Osservate bene il personaggio e impegnatevi nel riprodurlo al meglio. Con la giusta esperienza si potranno ottenere fantastici risultati.

 

C’è chi crede che fare cosplay sia un po’ come travestirsi indossando un abito di Carnevale. Qual è la vera differenza?

Io l’ho sempre detto che “noi siamo tutti carnevalari”, nel senso che ci travestiamo fuori stagione ma comunque siamo in maschera. Odio dirlo ma il concetto è questo. Ma il cosplay a differenza del Carnevale spesso è terapeutico, la maschera aiuta a volte a far uscir fuori dei lati del proprio carattere che pensavamo di non avere. Ci dà sicurezza e ci permette di essere spontanei con l’altro. Carnevale non ha questo potere a mio parere, il cosplay unisce in una passione. Carnevale non è una passione, il cosplay sì, ti vesti a Carnevale se ti invitano a un festino, il cosplay no, sei tu che vai alla fiera. Credo sia questa la differenza sostanziale alla fine.

 

I cosplayer sono criticati o derisi per la loro passione?

Parliamo chiaro, il bullismo è ovunque, non è una prerogativa del cosplay. Mi sono fatta tutte le medie cosi, presa in giro dai bulli perché ero diversa. Non per il cosplay (nemmeno sapevo cosa fosse all’epoca) ma perché avevo a che fare con ragazzini frustrati che per incrementare il proprio ego ferivano gli altri. Ti sfottono per il tuo peso, per i buoni voti a scuola, per tutto. I cosplayer vengono derisi purtroppo, ma bisogna essere uniti e difendere i più deboli, chi non ha la forza per mandare a quel paese il bullo di turno. Io ero sola alle medie, ma sono stata forte e mi difendevo. Non lasciate solo chi viene bullizzato, aiutatelo, e se non avete la forza per difenderlo sul momento sostenetelo in seguito.

 

Che consigli daresti ad un aspirante cosplayer per cominciare?

Ragazzi, chiedete, informatevi e aprite la mente. Basta mettere in pratica pochi consigli per alzare il livello! Non dite mai “non posso farcela”, provate sempre! Pretendete di più da voi stessi! E non abbattetevi se una cosa viene una schifezza! La prossima volta sarà meglio.