D'amore e d'altre passione
Rincorrete i sogni
Roberto Vecchioni ci racconta come era più facile sognare quando la sua generazione aveva la nostra età.Ma anche come e perché non dobbiamo mollare mai
La Redazione | 5 novembre 2015

Non siamo ciò che guadagniamo

Per la mia generazione sognare aveva un valore molto diverso: noi accoppiavamo  al  sogno  la  possibilità di realizzarlo. Negli anni ’60 era tutto un sabato del villaggio, tutto era all’inizio. In Italia c’è stata una grande stagione della letteratura, da Pasolini a Volponi, la nascita di movimenti seri, un cambiamento radicale nell’arte e nella musica. Insomma, era un Paese in movimento. Oggi purtroppo non è così: c’è un pigia pigia generale e in pochi riescono. Ma qualcosa non deve abbandonarvi: l’amore per la cultura. Non quella in senso stretto, non sapere lo scibile umano – per quello ci sono le enciclopedie – ma saper collegare fra loro le cose: vedere il passato e riflettere sul futuro. Amate la cultura, siate pazienti e accontentatevi. In questo mondo che sembra rapirseli i sogni, non pensate che il vostro valore si giudichi dal ruolo sociale che avete, o da quanto guadagnate. Il valore di una persona sottende ad altri principi. Oggi si fa tutto di corsa per ottenere subito qualcosa, magari anche di immeritato, solo per averlo subito. La maggior parte degli italiani fa così: ed è per questo che serve una rieducazione del nostro Paese. Non è compito facile. Non è facile aumentare il numero di persone che si innamora davanti a un quadro o per una ricerca scientiica. Serve un’attrezzatura di Stato che faccia capire che essere per bene, avere dei principi, sia un vantaggio.

 

Sogni o utopie?

Certo, per essere realizzati i sogni non devono essere campati in aria. Io posso sempre dire: vorrei vincere il Nobel, ma so che è impossibile. Quella è l’utopia e ci posso fantasticare su. Quelli più importanti sono i sogni realizzabili: su questi  dobbiamo  puntare, ma non da sprovveduti. Non credete alla ricetta del successo facile, del “mi faccio notare quindi vincerò”: è un’illusorietà con cui vi martellano di continuo. Similmente, se provo tante volte la stessa cosa e non riesco, forse non è il mio campo. Fino a che ho 20 continuare a tentare, ma poi devo prendere in mano la situazione. Ricordate poi che bisogna essere molto vicini alle persone che hanno dei meriti e dovrebbero poter realizzare i propri sogni, ma che non ci riescono. Purtroppo succede spesso. Chi merita perde, chi non merita vince. Ma bisogna vedere poi in che modo vince e se ha amici. I veri sogni sono amare il proprio lavoro, o anche non amarlo, ma avere una valvola di sfogo fuori. Un amico o un amore, corroborando la propria esistenza con una cerchia di persone che ti salvano quando sei solo.

 

Dove nascono le passioni

L’arte illumina in modo universale quello che ci fa gioire o soffrire. Se guardiamo I girasoli di Van Gogh, ecco che il iore esce dal quadro, diventa il mondo e noi tutti ci immedesimiamo in quello. Certo, l’arte non risolve, ma ci dà la spinta a continuare, a capire perché soffriamo. Noi dobbiamo a continuare a chiederci perché, altrimenti la nostra diventa una vita da formiche. E in questo anche la musica può essere d’aiuto. Noi cantautori facciamo emozioni e cerchiamo di ottimizzarle. Io ricordo la fase compositiva delle mie canzoni, quando le canto mi ricordo dov’ero e come stavo quando le ho scritte. Ed è per questo che arrivano al pubblico quando sono sul palco.

E poi c’è la politica: anche se oggi c’è – a buon diritto– molta disillusione, alla fine se non la cerchi è la politica a cercare te. Devi prendere una posizione, scegliere, dire sì o dire no. Solo che oggi sembra tutto più complicato: quello che è buono sembra cattivo, e nessuno è mai contento. Come nel calcio, se uno sbaglia una partita va subito fuori, così in politica noi non diamo nemmeno il tempo di risolvere le cose. Se continua così niente si metterà mai a posto: la democrazia può migliorare la vita, ma bisogna avere pazienza.

 

La cultura dell’attesa

Entusiasmo, volontà e curiosità sono fondamentali. Ma altrettanto importante deve essere  il  saper  aspettare. Dovete essere educati alla cultura dell’attesa, perché non per causa vostra siete abituati a non dover aspettare mai. Nel mondo della  simultaneità,  si  perde  il   valore del tempo. Internet ci ha offerto una geografia di situazioni che non avremmo mai immaginato; ma come spesso accade, le grandi invenzioni arrivano quando la maggior parte dell’umanità non è pronta. Quando ho preparato la mia tesi di laurea ci ho messo un anno, perché andavo in biblioteca, non sapevo cosa avrei trovato. E ogni volta era una meraviglia, una scoperta. Poter conquistare una cosa è fantastico. Riprendetevi il piacere dell’attesa.

 

Se i sogni non sono nostri

Nella mia esperienza di insegnante ho avuto a che fare con molti genitori: spesso può capitare che le loro aspettative si riversino sui igli. Io credo che se un ragazzo ha un’inclinazione, è dovere del genitore accorgersene e aiutarlo. Certo, l’Italia è fatta anche di genitori che hanno la loro attività, e vorrebbero che il iglio la continuasse. Non è sempre un male: in un certo senso è una sorta di eredità anche spirituale. Insieme ai genitori un importante ruolo lo svolgono anche gli insegnanti. I ragazzi devono vedere che il loro professore è appassionato. Si imitano quelli che hanno passione. Ricordo che quando insegnavo al liceo facevo periodicamente con i miei studenti un’ora di follia: li portavo fuori e parlavamo di tutto. Dalle formiche si arrivava a Kant: l’importante non erano le nozioni, ma i collegamenti fra le cose.

 

C’è sempre un albero da far fiorire

Il poeta Nazim Hikmet dice: “Devi vivere con tanta dignità da potere, a settant’anni, piantare un ulivo, […] perché la vita trabocca”. Ho preso spunto da questi versi per la mia canzone Sogna ragazzo, sogna. L’ho scritta praticamente in classe, l’ultimo giorno prima di andare in pensione. Ai miei ragazzi, e a voi, voglio augurare proprio questo: dovete sempre sperare di vedere un ulivo fiorire, anche a 90 anni. Non abbattetevi mai e pensate che il futuro non è la somma del passato, ma una cesura da questo. È il primo giorno di tutta un’altra vita.