Uomini e donne: diversamente uguali
Pari opportunità, legge sul femminicidio, quote rosa: al di là degli slogan e dei casi mediatici, quanto è davvero cambiato in meglio per le donne “normali”?
Chiara Falcone | 14 marzo 2014

“Solo per l’otto marzo offerta speciale per tutte le donne: un flacone di lavapiatti in omaggio!”. Non è una battuta satirica, e neppure uno spot anni ’50, ma il testo di un volantino distribuito agli inizi di marzo in un quartiere romano. Oggi, nel 2014, un supermercato considera un detersivo il regalo migliore per festeggiare una donna. La festa del luogo comune, a quanto pare, mentre in Parlamento si gioca a dama – è il caso di dirlo – sulla parità di genere. È, come al solito, un’Italia a due marce. Quella dei grandi proclami e degli slogan, del #cambiaverso e delle quote rosa. L’Italia delle smaglianti donne ministro under 35, o di quelle in carriera dirigenti di aziende di successo. Quelle che tutti definiscono “donne con le palle”, forse perché le capacità sono prerogativa esclusiva del cromosoma Y, o forse perché, pur non essendo maschilisti, ci stupiamo del fatto che quei traguardi siano raggiunti da donne.
E così non fa notizia se il direttore di una rivista femminile è un uomo, mentre quando una donna viene messa a capo della direzione strategica di Apple, ecco il boom di clic sulle edizioni digitali dei quotidiani italiani. È questa la seconda marcia del nostro Paese: quella dei lettori, che di quella notizia rimangono sorpresi, e quella delle lettrici, che si compiacciono del fatto che “una di loro” ci sia riuscita, nonostante le difficoltà di essere donna, soprattutto in Italia.
Secondo il rapporto Istat presentato alla fine dello scorso anno su “stereotipi, rinunce e discriminazione di genere”, quasi il 60% delle persone ritiene che gli uomini abbiano più vita facile nel nostro Paese: a dirlo sono anche gli uomini, uno su due. Ancora oggi, in Italia, il 44% delle donne ha dovuto fare rinunce in ambito lavorativo a causa di impegni familiari. E però ancora oggi, in Italia, la metà della popolazione (in egual misura uomini e donne) ritiene che sia giusto che sia l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia.
E mentre l’Italia delle vetrine mediatiche racconta storie di successo applaudite dai soliti noti, quella fuori dai riflettori si scontra con una mentalità difficile da abbattere e opportunità davvero squilibrate. Perché l’Italia è un Paese anziano, rispondono alcuni. A torto, dato che a volte i punti di vista più retrivi sono quelli delle generazioni più giovani. La campagna pubblicitaria “Punto su di te” ha affisso per qualche giorno vicino alle fermate dei bus cartelloni che ritraevano donne con frasi sospese, come “Al lavoro vorrei...”; “Alle istituzioni chiedo...”. In poco tempo molti, e in special modo giovani, hanno spontaneamente completato le frasi. Un breve ma efficace esperimento sociologico che ha mostrato come “avere un ferro da stiro”, “stare sotto la scrivania” ed “essere trombata” siano le aspirazioni che ci si aspetta da una donna, in Italia, nel 2014. La donna che magari a quella stessa fermata dell’autobus ci è passata, di buon mattino, dopo aver accompagnato i figli all’asilo nido, la cui retta è pari alla metà del suo stipendio. La donna che fresca di laurea rimbalza da uno stage all’altro ringraziando per un rimborso spese e che se trova - rarissimo caso - lavoro si sente dire: “chissà di chi era amica”. La donna che va a scuola e i suoi compagni le fanno pesare, più o meno consapevolmente, che non ha il seno di Belen. E tutte le donne che in questo Paese sperano che non ci sia più bisogno di una lotta per i diritti, ma dei diritti e basta.