Pandemia, come sono cambiate le nostre città
A quasi un anno dal lockdown, molte sono le cicatrici che la società e le città continuano ad avere
Alex Lung | 2 marzo 2021

Esattamente un anno fa, mancava una settimana all'inizio dell'evento che più di ogni altro, da decenni a questa parte, ha sconvolto le nostre vite: il lockdown. Sebbene da settimane si parlasse di contagi, morti e ospedali intasati, per il più della gente la pandemia era un qualcosa di lontano, un problema di altre regioni, una situazione che si sarebbe risolta nell'arco di qualche settimana. E invece, a quasi un anno preciso dall'inizio della quarantena, ci ritroviamo in un mondo totalmente diverso, che mai ci saremmo aspettati il 2 marzo 2020.

Prima e dopo

Nell'arco di qualche giorno, le immagini di una lontana città cinese in cui si poteva uscire solo per scopi improrogabili, e dove la popolazione apriva finestre e balconi per mostrarsi solidarietà, erano diventate la nostra realtà. Per 55 giorni il tempo si è quasi congelato, la vita è divenuta surreale. 

Molta è la strada percorsa dal 4 maggio, data in cui, progressivamente, ci siamo ri-impossessati delle nostre vite. "Si intravede la luce in fondo al tunnel", ha rassicurato il ministro della Salute Roberto Speranza a novembre, in vista dell'organizzazione della campagna vaccinale. Tuttavia, per quanto questo periodo surreale possa superarsi, molte sono le cicatrici che la società continuerà ad avere nei prossimi anni: una generazione di giovani privata di scuola e socialità per un anno e mezzo, il dolore della mancanza di cari che, senza il virus, sarebbero ancora qui, la rabbia dell'inevitabile privazione di libertà tanto date per scontate quanto importanti, e non ultimo, delle città profondamente cambiate

Lo stereotipo della città italiana la vede come brulicante di persone, di voci e di profumi. La pandemia ne ha cambiato il volto: negozi e ristoranti sono stati costretti a chiudere - spesso per sempre; si sono moltiplicati coloro che hanno bisogno di aiuto per arrivare a fine mese o addirittura mangiare; i quartieri universitari, prima pieni di studenti fuorisede, si sono svuotati, mentre molti paesini, soprattutto al sud, si sono ripopolati.  

Negozi e ristoranti

Quella italiana è un'economia di piccoli e medi commercianti, che purtroppo sono le vittime più vulnerabili della crisi economica successiva alla pandemia. Già nell'agosto 2020, ben tremila esercizi avevano chiuso i battenti solo a Roma, mentre a settembre la Confesercenti parlava di 90mila imprese fallite in tutto il paese tra negozi, bar e bed&breakfast. 

Per chi decide di non chiudere, la risposta non è semplice. C'è chi si ri-inventa con l'e-commerce, chi punta sui servizi a domicilio, chi tenta solo di arrancare per non bruciare anni di sacrifici e di lavoro. Tutti sono però accomunati da una cosa: l'incertezza. 

La povertà

Confesercenti indica che nell'arco del 2020, le famiglie italiane hanno visto un calo nei loro redditi pari a circa 1.650 euro. Le proiezioni parlano di un'ulteriore perdita di 512 euro entro la fine del 2021. 

La Caritas Ambrosiana di Milano testimonia un aumento del 121% delle richieste di assistenza alimentare. Allo stesso tempo, la Croce Rossa Italiana dichiara il 6% di assistiti in più nei suoi comitati territoriali di Roma, Milano, Catania, Palermo, Napoli e Benevento.

Meno fuorisede, più giovani nei paesini

A fine agosto 2020, la disponibilità di camere nelle città universitarie è aumentata del 149%, ad indicare come, in molti, abbiano deciso di ritronare nelle loro regioni d'origine, guidati dall'incertezza e dalla possibilità di seguire le lezioni online, risparmiando notevolmente. Contestualmente, i prezzi si sono abbassati del 2,9%.

Le università del sud hanno visto un aumento del 5-10% dei loro immatricolati: prendendo in considerazione il corso di laurea in medicina, a Catania si è passati dai neppure diecimila iscritti del 2019-2020, ai 12.287 di questo anno accademico.

Non sono inoltre pochi i comuni che hanno visto un incremento della popolazione giovanile dopo anni di negativo; lo stare vicino agli affetti, usufruendo di smart-working o delle lezioni online, sembra essere una scelta molto condivisa.

Uno sguardo su città e società

L'inchiesta che a cui i giovani reporter di Zai.net lavoreranno nelle prossime settimane intende essere una lente di ingradimento su questi cambiamenti, così veloci e sostanziali, nonché su quelle persone che, quotidianamente, lottano contro un virus che non si ferma in ospedale, ma che si riversa inevitabilmente sul nostro modo di vivere. Comprendere la realtà del mondo post-pandemico è un primo passo per un ritorno a una normalità più consapevole e, per certi versi, più apprezzata.