Fare il fotogiornalista oggi
Parla Tommaso Protti, vincitore del Carmignac Photojournalism Award
14 novembre 2019

Tommaso Protti, 33 Anni di Mantova, ha vinto la decima edizione del Carmignac Photojournalism Award, un importante premio di fotogiornalismo che quest’anno era dedicato al tema dell’Amazzonia e della sua deforestazione. Un premio importante, «uno dei pochi che mette a disposizione un budget cospicuo per poter portare avanti il progetto che hai in mente».

 

Come hai iniziato a fare questo lavoro?

Il lavoro del fotografo fotogiornalista è complesso, soprattutto se fatto da freelance: i giornali e le riviste hanno sempre meno spazi e risorse da dedicarvi. Io ho iniziato per caso nel 2010. Mi ero appena laureato in scienze politiche con una tesi sulla geopolitica dell’acqua in Medio oriente. Ho lavorato su un progetto di costruzione di una diga sui fiumi Tigri ed Eufrate per permettere la nascita di una centrale elettrica. Una centrale che aveva l’obiettivo di bloccare quei fiumi e di mettere in seria difficoltà le comunità dei paesi vicini. E io volevo raccontare dell’impatto di queste scelte sulle comunità curde. Finito di scrivere, sono andato a vedere. Ho sempre avuto la passione delle foto, ma all’inizio le mie erano bruttine…

 

E poi cosa è accaduto?

Ho avuto la fortuna di incontrare Francesco Zizola, un fotografo eccezionale. Mi ha preso come assistente e dopo diversi anni ho preso la mia strada. 

 

Come sei arrivato in Brasile?

Cinque anni fa sono venuto qui. Il mio lavoro premiato voleva raccontare l’Amazzonia sotto tutti i punti di vista, volevo raccontare le tante crisi che sta vivendo: disboscamento, questione dell’agro business, le miniere di oro. Più dell’80 per cento del deforestamento dell’Amazzonia è dovuto agli allevamenti intensivi di bestiame e in particolare di mucche, quindi dal consumo di carne. Volevo che si sapesse. 

E poi volevo raccontare dell’escalation di violenza: centri urbani come Belém o Marajó sono diventati centri tra i più violenti del mondo.

 

Cosa è accaduto?

Il Rio delle Amazzoni è diventato un canale di distribuzione della cocaina, dalla Bolivia e da altri paesi vicini. Con lo smantellamento delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) le organizzazioni criminali brasiliane si sono spostate per prendere il controllo di queste rotte di traffico: oggi il Brasile è il primo consumatore mondiale di crac e il secondo di cocaina. 

 

E poi c’è il conflitto agrario…

Sì, purtroppo, anche se non molti lo sanno, in Brasile c’è il numero più alto di omicidi di attivisti indigeni per i diritti della Terra e in generale di attivisti ambientalisti. Volevo raccontare tutto questo. 

 

Quale altra realtà ora ti piacerebbe raccontare?

Credo che nel futuro prossimo mi concentrerò ancora sull’Amazzonia, perché c’è molto da dire. Ma mi piacerebbe anche tornare in Medio Oriente.